Filosofia di una piuma: una riflessione su Forrest Gump

Ci sono film che hanno la capacità di toccare alcune corde profonde dentro di noi, spesso non capiamo bene come mai, succede e basta. Storie portatrici di un messaggio profondo, che a seconda del momento della nostra vita nel quale ci mettiamo in ascolto di loro, arrivano a catalizzare un processo di guarigione interiore.

Da poco ripensavo a Forrest Gump, un film che ho visto e rivisto svariate volte, nel corso degli anni. E pensavo che sarebbe bello riuscire a vivere un po’ più come Forrest. Come la piuma che si lascia cullare dal vento, che vediamo danzare nelle immagini a inizio e a fine film, di cui lo stesso protagonista parla alla fine, con la sua caratteristica ingenuità, ormai arricchita dalla saggezza che comunque la sua vita zeppa di esperienze gli ha portato, nonostante la sua scarsa intelligenza (quale tipo di intelligenza poi? non certo quella emotiva).

Il nostro buffo e amabile protagonista si fa portatore di un messaggio importante: lasciandosi cullare dai movimenti del vento, i movimenti della vita, come una piuma, la vita stessa ci dona tutto ciò di cui abbiamo bisogno, e molto più ancora, molta abbondanza più del necessario.

Lui non si opponeva mai a ciò che la vita gli presentava davanti. Maestro del permettere che le cose accadano, Forrest, forse anche grazie al suo (presunto) ritardo mentale, accettava ogni esperienza, non ci ragionava su, non elucubrava su grandi piani e obiettivi, non cercava di essere qualcosa o qualcuno, semplicemente stava nel presente. A volte non si chiedeva nemmeno se qualcosa gli potesse nuocere, come quando da bambino i bulli gli tendono un agguato tirandogli delle pietre. Lui resta fermo, è la sua amica Jenny a gridargli di scappare, di correre, e lui lo fa. La vita gli mette sempre comunque dinnanzi un angelo custode, un amico, qualcuno che lo prende in simpatia e lo supporta. Un angelo custode che tutti noi possiamo avere, che si può manifestare nella vita tramite incontri, sincronicità, se riuscissimo a fare del non opporsi la nostra filosofia di vita. Certo, a volte è necessario tutelarsi, ma come per lui la vita può portarci una persona o una situazione che ci aiuti a farlo, o magari anche solo l’intuizione di dire “giro a largo da questa situazione”. Senza opporsi. Come quel bambino che non provava a rispondere ai bulli con le pietre. Non andava a cercare giustizia presso gli adulti. Viveva, non si preoccupava del passato quando il passato diventava tale: alla fine della sua fuga, non si piangeva addosso, non si preoccupava del trauma (non aveva le capacità mentali per farlo?), lasciava che fosse la vita stessa, con altre esperienza catartiche, a guarirlo.

 

E infatti dalla sua corsa, più in là nel tempo, il nostro Forrest troverà una risorsa preziosa, non lo sapeva da bambino, non si è detto “bene, posso correre veloce, come posso far fruttare al meglio questo mio talento?” no niente affatto. Lui correva e basta. Correva in Vietnam, quando i bulli tornarono sotto le sembianze di soldati nemici nella giungla, in una guerra a sua volta imposta da un governo bullo ma che lui non si è nemmeno chiesto se fosse o meno giusta, anche stavolta non si è opposto. E la vita, logicamente, e magicamente, è stata indulgente con lui. Non gli è stato chiesto di sparare nemmeno un colpo, la guerra di Forrest è stata fino all’ultimo una buffa passeggiata nella giungla col suo nuovo caro amico Buba, altro uomo semplice come lui ma un po’ più intraprendente, dal quale Forrest stesso erediterà quel po’ di intraprendenza che alla fine lo porterà anche a diventare un miliardario. Ma senza mai far nulla che la vita non gli avesse delicatamente suggerito.

Forrest seguiva le scie luminose.

Le insegne al neon che l’universo posava sul suo cammino, e gliene posava tante, più ne seguiva, più ne trovava. E se gli serviva fare anche l’esperienza della perdita di una persona cara, proprio come ha patito un grande dolore per la perdita dell’unico amico che mai lo giudicava, da questa esperienza si è ripreso, ha elaborato il lutto senza saperlo, sanando quella perdita grazie al portare avanti il sogno del suo caro amico, senza chiedersi troppo come e perché, ha seguito quella scia di amore.

E manco a farlo apposta, intorno a sé diffondeva proprio quell’amorevole semplicità e gentilezza, e il suo atteggiamento neutro verso ogni circostanza della vita, ha insegnato a chi lo ha incontrato molto più di cento eloquenti professori. E Forrest guarisce anche il suo superiore in guerra, il tenente Dan a cui salvò la vita (in realtà più di una volta?), aiutandolo in seguito, e ovviamente senza alcuna intenzione di farlo, a far pace con Dio. E quell’uomo che tanto lo sfotteva, paradossalmente inizierà a seguirlo, ad ammirare Forrest, a stimarlo. Inizierà a sentire che lui comunque ha qualcosa in più, che ha sempre una direzione nella vita anche se sembra andare solo in giro a caso. Non va in giro a caso. E se ne rendono conto tutti. Anche la sua amata Jenny, che pur essendo molto problematica ed egoista mai da lui viene giudicata, si arrenderà a riconoscere in lui un esempio di maestro di vita, tanto che, pur con le sue modalità manipolatorie, gli farà conoscere il figlio concepito insieme a lui (si?), che mai gli ha presentato, proprio alla fine, quando sapeva di essere malata. Sapendo che lui, nonostante la sua scarsa intelligenza, era la persona più adatta a prendersene cura.

Oltre ad aver avuto successo in tante attività e lavori che ha svolto, è stato anche amato dai tanti che lo hanno conosciuto.

E alla fine, parlando con le persone che incontra seduto sulla panchina, lui trasmette questa sua centratura, questo suo vivere perfettamente nel momento presente. Chi non gli vuol credere, chi lo ascolta, chi gli vuole bene anche solo per il tempo dell’attesa del bus. Ma lui con molta semplicità, dice: ehi, questa è la mia esperienza. Sembrerà incredibile, ma io sono portatore di questa scoperta, lasciando fluire la vita, le cose accadono.

La sensazione che ci lascia, alla fine quando la piuma si rialza in volo, e volteggia chissà dove, è di pace. Restare nel presente. Non giudicare le esperienze e non opporsi ad esse. Non avere un piano. Non preoccuparsi nemmeno di guarire il passato, perché se stiamo nel presente, ci penserà il futuro a farlo. Se accettiamo ciò che arriva, arriverà l’esperienza che guarisce il nostro passato, spesso traumatico proprio perché anch’esso non fu vissuto nel presente, ma a sua volta nel passato. E se invertiamo questo processo, forse il futuro può veramente diventare un eterno presente, in cui ogni esperienza a prescindere da come la giudichiamo, è funzionale al resto. Al nostro resto. Alla restante parte delle nostre esperienze passate e future, che come una piuma fluttuano di qua e di là, e non sapremo su quale storia, su quale racconto della nostra esistenza la piuma si poserà. Si poserà, per ascoltare un’altra storia, per farcela vivere, e leggera come solo una piuma sa essere, alla prossima brezza riprenderà il volo. Il vento ha una direzione precisa. E’ solo non visibile ai nostri occhi. Una piuma non saprà dove va, ma sa che il vento è saggio, che il vento è suo alleato, che il vento si ferma e la adagia a terra solo quando intende farlo.

Una piuma non va a caso, è solo… leggera.

E non cade mai.

Si posa.

Dandelion with seeds blowing away in the wind across a clear blue sky with copy space

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