Soddisfazione sul lavoro per operatori di luce professionisti

Recentemente mi è capitato di prender parte ad un gradevole e stimolante scambio di opinioni con altri insegnanti, e ci siamo in qualche modo confrontati sulla seguente affermazione: “un insegnante di Yoga non dovrebbe ricercare la propria soddisfazione personale nell’insegnamento”. Il tema era più genericamente il non attaccamento al risultato. Ognuno aveva una diversa opinione sull’argomento, anche perchè effettivamente l’affermazione in sé lascia un’apertura ad interpretazioni diverse.

Come sempre, le opinioni sono varie, e alcuni prendono certi punti di vista alla lettera, con un po’ di estremismo (seppur con le migliori intenzioni), mentre altri rimangono in posizioni più moderate.

Voglio approfittare di questo spunto di vita reale, per esprimermi al riguardo, ma non semplicemente con riferimento allo Yoga e all’insegnamento, che certamente mi vede coinvolto in prima persona, anche emotivamente.

Diciamo che vorrei parlare in generale della “soddisfazione sul lavoro per operatori di luce professionisti”, riferendomi a tutte quelle professioni che derivano da insegnamenti con una componente di spiritualità, e che in generale coinvolgono lavori “con l’energia”, come del resto è lo Yoga. Reiki, Tai Chi, Yoga, meditazione, pranoterapia, canalizzazioni, apertura dei registri akashici, teta healing, pranic healing, shatzu, medicina tradizionale cinese… sono ormai tanti gli operatori che stanno costruendo una propria professionalità, spendendo anche migliaia di euro per formarsi e migliorare, nell’ambito dei lavori che in qualche maniera sono di aiuto alla persona ma che lavorano anche con l’energia. Sono tutte figure che mi piace ricomprendere nel generico insieme degli “operatori di luce professionisti”. In realtà questo termine, “operatore di luce”, è usato per intendere coloro che nella Nuova Era stanno tenendo alta la vibrazione della luce, risvegliandosi ad una nuova spiritualità per elevare la vibrazione propria e del pianeta in quest’era di cambiamento. E con essi non si intende solo chi fa anche un lavoro o professione vera e propria con l’energia: basta essere consapevoli del proprio ruolo prezioso semplicemente come umani viventi presenti sul pianeta in questo particolare e meraviglioso momento di cambiamento dell’energia sulla Terra, per tenere alta la vibrazione e fare la propria preziosa parte come “operatore di luce”. In questa sede però vorrei riferirmi alla vera e propria professionalità nell’ambito dei lavori con l’energia, che hanno sempre naturalmente un fondamento di servizio agli altri: per questo parlo di operatori di luce “professionisti”.

A proposito, quindi, della soddisfazione sul lavoro. Sappiamo che quando si lavora con l’energia, si coinvolgono corpo mente e spirito, in quanto l’essere umano è un sistema olistico. Un operatore olistico, un operatore di luce professionista, quindi, lavora coinvolgendo i propri “pazienti”(o clienti, o allievi), guidandoli in un percorso, in un processo, che li porta all’equilibrio e all’evoluzione del proprio intero sistema, appunto corpo mente e spirito. Soffermiamoci per un attimo sulla componente “mente” di questa triade.

La mente nell’ultimo secolo è stata approfonditamente studiata e analizzata, spesso con grande successo, dalla psicologia occidentale. Questa scienza non si prepone l’ambizioso obiettivo di spiegare ogni cosa nell’universo, bensì solo i meccanismi della psiche, dei comportamenti umani e delle emozioni umane, al fine di vivere una vita più gioiosa possibile, direi: una vita di realizzazione. Credo che sia un obiettivo lodevole e condivisibile anche da chi lavora con l’energia e con le terapie olistiche, diremmo. Come operatori di aiuto alla persona nel suo percorso di crescita personale, credo sia indispensabile tenere conto che uno dei grandi successi che possiamo ottenere, è aiutare le persone ad evolversi e a migliorare se stessi, nella direzione della gioia e della propria realizzazione in questa vita, a prescindere dal fatto che quando si lavora con l’energia si coinvolgono anche altre dimensioni della coscienza. Restiamo per un attimo “radicati” alla Terra, in questa analisi. In questo tipo di lavori, è senz’altro necessario un forte spirito di “servizio” all’altro, su questo non ci piove. Questa motivazione di fondo non può mancare.

Aiutare un persona a risolvere i propri blocchi, energetici, fisici, spirituali, psichici o emotivi che siano, significa che quella persona farà un cambiamento, e se il nostro lavoro è efficace andrà nella direzione di una maggiore crescita interiore, comprensione di sé e, quindi col tempo, realizzazione come essere umano. Questo può significare un sacco di cose: realizzazione sul lavoro, nelle relazioni, un’apertura emotiva, il superamento di un karma, e tanto altro ancora. Tutto ciò è estremamente spirituale, perchè la manifestazione di abbondanza, salute, gioia, soddisfazione nel lavoro che si fa e crescita interiore sono quei “sintomi” nel mondo materiale che spesso si accompagnano ad un passo avanti nel proprio programma evolutivo nell’esperienza dell’anima sul pianeta. Non è più il tempo in cui passare attraverso il dolore, la fatica, il sacrificio, era necessario per una evoluzione spirituale, che poi alla fine altro non è che un viaggio alla scoperta di “chi sei”.

In questo quadro, la soddisfazione sul lavoro occupa un tassello abbastanza rilevante, direi, nel mosaico della co-creazione, nel mosaico della realizzazione di “chi sono veramente” qui e ora, che poi è l’espressione della scintilla divina. Come operatori, possiamo auspicarci che in seguito al “percorso di luce” che offriamo, le persone che si rivolgono a noi, trovino in seguito al processo di cambiamento fatto (da loro, col nostro aiuto, e per mezzo delle tecniche efficaci da noi trasmesse), una maggiore soddisfazione e realizzazione nell’ambito del “loro”, di lavoro, della loro professione? Direi che la risposta è affermativa. La psicologia ci insegna che il lavoro è uno degli ambiti di maggior rilievo in cui un essere umano può esprimere se stesso, applicare le proprie qualità, lasciar fluire la propria creatività, sviluppare i propri talenti. Tutto questo poi può migliorare la qualità della vita anche in altri ambiti. Tutto questo non è forse un viaggio alla scoperta di “chi sei”?

Operatore di luce professionista, insegnante di Yoga, operatore di reiki, organizzatore di ritiri spirituali: sei forse diverso umanamente ed emotivamente dai tuoi assistiti, clienti, allievi, pazienti? Sei di un altra “razza”? Non è questo che insegni. Allora come puoi pensare che, per quanto siano sacri gli insegnamenti di cui ti fai portatore, il tuo lavoro e la tua professionalità non rispondano alle stesse logiche “umane” di tutti gli altri? A livello di coscienza evoluta, a livello di umano che fa un cambiamento evolutivo importante, perchè loro possono gioire della propria ritrovata realizzazione e soddisfazione, anche professionale, e tu che li hai aiutati a fare il balzo no? Il tuo cervello funziona come quello degli altri: provando soddisfazione e gioia, rilascia endorfine! Quale maestro asceso del passato era capace di aiutare gli altri ad evolversi restando lui per primo in una gabbia? Io non ne ho sentito parlare. Forse Buddha se ne stava imprigionato in una gabbia nella foresta, e attraverso le sbarre impartiva lezioni di saggezza agli altri esseri umani? E’ vero che lui trovò la piena realizzazione in uno stato di profonda meditazione, o che gli antichi yogi entravano nel samadhi e non avevano bisogno di altro (anzi non avevano più bisogni): ma da qui a quando ci arriviamo, al samadhi, sarà il caso di congratularsi con quel corpo e quella mente che sono i nostri partners? Sarà il caso di nutrire, con amore, anche la nostra componente “umana”, quel bambino interiore un pò insicuro che tutti ci portiamo dentro, affinchè non si scoraggi e sia per la nostra anima un “partner” di successo, per l’evolzione e l’espansione?

E’ possibile vivere una vita piena e ricca, gioiosa, soddisfacente, nel qui e ora, pur essendo molto spirituali. Essere spirituali ed elevati non comporta di certo negare il proprio valore anche come esseri umani. Anzi.

D’altro canto, è pericoloso “identificarsi” nella soddisfazione. E’ pericoloso sentirsi arrivati quando, come operatori, otteniamo dei successi, oppure quando otteniamo approvazione. Questa è l’altra faccia della medaglia del successo, ma lo è in ogni ambito credo. Identificarsi col proprio successo, o nutrire l’ego con l’approvazione degli altri, o sentirsi arrivati e quindi pensare che non c’è più bisogno di migliorare, è senza dubbio una trappola per noi stessi, in primis. E’ un altro tipo di gabbia. Sono due polarità, due estremi della dualità nella quale siamo immersi: sminuirsi e avvilirsi, o gonfiarsi come dei palloncini! Quindi è vero che ingigantirsi per le soddisfazioni avute sul proprio lavoro di operatori olistici, è alquanto contro producente. Ma del resto il lavoro che facciamo è aiutare gli altri a trovare un equilibrio: possiamo quindi anche noi stessi trovare un equilibrio tra soddisfazione e non attaccamento al risultato. Possiamo essere umili e soddisfatti del lavoro allo stesso tempo. Credo che “estirpare” la giusta soddisfazione dai propri successi, o negarsi i propri meriti, sia contro producente prima di tutto per le persone che tentiamo di aiutare. Quanto tempo si può resistere in un’attività lavorativa nella quale ci neghiamo di congratularci con noi stessi? Come possiamo attrarre abbondanza nella nostra vita se non riconosciamo noi per primi che il nostro lavoro e contributo è utile e quindi degno del nostro rispetto in primis? Come possiamo aiutare gli altri a valere, se noi per primi non riconosciamo il nostro, di valore? C’è una differenza tra prendersi il merito di aver inventato l’aeroplano, e riconoscersi merito (e giusta soddisfazione), per aver imparato a pilotarlo e accompagnare altri umani in un volo alla scoperta di sé. La sfida è farlo senza dimenticare che l’aeroplano non l’abbiamo inventato noi, non abbiamo brevettato il volo, non abbiamo brevettato le tecniche che insegniamo o utilizziamo. E’ vero che a volte una vocina tenta di gonfiarci: credo che la soluzione non sia smettere di soffiare l’aria, ma bensì trovare l’equilibrio nel soffio, affinchè si possa volare, e aiutare gli altri a volare, senza diventare dei palloni gonfiati.

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