Pratica dello Yoga e non-giudizio di sè

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Mi fa piacere affrontare ancora una volta un argomento importante, che ho già affrontato in piccola parte in almeno un altro precedente articolo: il giudizio. Lo farò in riferimento alle lezioni di yoga, quindi per chi pratica o sta appena iniziando a praticare può essere un consiglio comportamentale, ma anche uno spunto di riflessione per altri.

Il processo che attiviamo, o per meglio dire, ri-attiviamo con lo yoga, è di tipo interiore e psicologico. La pratica di queste antiche tecniche corporee, ha un effetto sulla nostra mente e su tutte le dimensioni più profonde di noi stessi (che sono tante, anzi potenzialmente infinite!). Il fine ultimo, semplificando e generalizzando, sarebbe quello di entrare in contatto con la parte più profonda di noi stessi, e per fare ciò è necessario “attraversare”, cioè prendere consapevolezza, di tutti gli strati e sub-strati che ci compongono. Parliamo della nostra personalità, dei nostri meccanismi emotivi interiori, delle molle interiori che danno origine a molti nostri comportamenti o atteggiamenti. Man mano che esploriamo le nostre dimensioni interiori, andiamo sicuramente ad imbatterci in aspetti di noi stessi che sono particolarmente legati al nostro Ego. Il nostro Ego è quella parte di noi che ci giudica, che vuole avere tutto sotto controllo, che spesso non “tollera” tutto ciò che non conosce o che gli appare come un “difetto” o “diversità”.

Ed ecco che qui entra in gioco il giudizio su noi stessi, che è direttamente legato al giudizio sugli altri e alla paura del giudizio degli altri. Nella pratica dello yoga, sia di gruppo che individuale, andiamo ad eseguire tecniche corporee, spesso faticose e a volte di difficile esecuzione: è quindi necessario fare pratica e allenamento. Spesso molte tecniche sono difficili per alcuni, facili per altri, questo a causa della differente conformazione fisica di ognuno di noi. Utilizzando il respiro, ci rendiamo inoltre conto che magari non ci riesce facile respirare correttamente, o che una particolare tipologia di respiro ci viene difficile, e anche con l’allenamento, i primi tempi proprio non ci riesce. La meditazione poi, spesso per molti è una grande sfida. Per vari minuti ci viene richiesto di rimanere fermi in una posizione, o ripetere un mantra, o mantenere una postura o un movimento ripetitivo. Insomma è una pratica che tutti possono intraprendere con grandi benefici, ma che spesso richiede di affinare delle capacità tecniche, o che a volte presenta quei limiti dati dalla conformazione del corpo che magari non potranno mai essere superati (per fortuna l’effetto delle tecniche si può assorbire appieno anche così, poiché esistono centinaia di tecniche, le varianti o la visualizzazione mentale dell’esercizio se non riusciamo ad eseguirlo).

Tutte queste sfide, sono un’occasione meravigliosa per affrontare proprio il nostro Ego, e dunque l’auto-giudizio e il giudizio. Riflettiamo un attimo sul modo in cui questo avviene con la pratica dello yoga. Da un lato, è un tipo di disciplina che lavora, tramite il corpo il respiro e il suono, fattori prettamente fisici e ben definibili, su qualcosa di altrettanto reale ma più celato, il nostro subconscio. E’ un lavoro che ci fa andare in profondità dentro noi stessi, per metterci davanti agli occhi i nostri schemi di pensiero, le nostre paure, le nostre emozioni: e lo fa muovendo la nostra energia. Quindi il fatto di fare yoga, ci farà prima o tardi osservare anche gli aspetti di noi stessi più oscuri, come la nostra voce interiore maggiormente spietata e giudicante, che tutti abbiamo. E allo stesso tempo, questo processo spesso è accelerato dal fatto che alla lezione di yoga, ci troviamo davanti tecniche spesso di difficile esecuzione, e al contempo il confronto con gli altri allievi della classe, che potrebbero essere più o meno abili di noi. Tutto questo ci porta al confronto con noi stessi.

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Potremmo sentirci molto pieni di noi stessi, vedendoci più abili di altri, e quindi giudicare gli altri, attivare una competizione inconscia, e osservare come questo meccanismo dell’Ego ci porti a sopraelevarci un gradino sopra gli altri umani: stiamo pure sicuri che questo meccanismo lo riproponiamo nella vita di tutti i giorni. Oppure potremmo sminuirci, sentirci inferiori perché vediamo qualcun altro più abile, più snodato, più in forma, o semplicemente: più rilassato e meditativo di noi. E anche questo meccanismo è probabilmente un nostro schema di sfiducia che riproponiamo nella vita. Tutto ciò sembra quasi allontanarci dalla pratica dello yoga in sé, da quella ideale sensazione di pace che immaginiamo e spesso “pretendiamo di dover trovare” (la buona notizia è che la si trova, quando si smette di imporsela però… questo fa parte del gioco!).  Ma niente paura. Tutto questo è perfettamente normale, fa parte di noi, si chiama manifestazione dell’Ego. Il modo migliore, e anche l’unico in fin dei conti, per affrontare l’Ego e le parti un po’ oscure di noi stessi, è entrare in contatto con loro, osservarle, capirne i meccanismi, e integrarle. Qualsiasi lavoro interiore valido, ci mette davanti in qualche momento, a questi aspetti di noi stessi. Se non lo fa, allora non ci sta servendo profondamente. E’ matematico. Sarebbe come scavare un tunnel in una montagna per trovare dei diamanti preziosi e luminosi, pretendendo di non passare attraverso un tunnel un po’ buio, un po’ fangoso e freddo.

Quindi tenendo a mente che l’Ego e il giudizio sono delle barriere che ci separano dal collegamento con il tutto, col resto del mondo, coi nostri affetti e con gli altri esseri umani, e ci separano dalla vera connessione con la nostra interiorità autentica, la nostra anima, possiamo accettare che queste barriere, per quanto sgradevoli, si manifestino, per iniziare. Quando durante una lezione o una pratica di yoga ci sentiamo inadeguati o ci sopravvalutiamo, ci sminuiamo o giudichiamo gli altri “meno bravi” o meno abili, proviamo a osservare questo pensiero, questa emozione. Entriamoci dentro. Utilizziamo i minuti della pratica per osservare con una lente di ingrandimento il nostro meccanismo di giudizio o auto giudizio, quello spietato, quello intollerante, quello arrogante o quello megalomane. Ci sentiamo giudicati dagli altri se siamo maldestri, sovrappeso, fuori forma, impacciati, distratti o imprecisi nelle tecniche?

Superare-la-paura-delle-critiche

Proviamo ad abbandonarci al nostro sentire, anche se sgradevole. Non ci preoccupiamo, per quel che ci è possibile. Va tutto bene. Questo processo è naturale, è il viaggio dentro noi stessi, che inevitabilmente, passa attraverso il nostro Ego. Più che provare senza successo a svuotare la mente, osserviamo il nostro giudizio o la paura del giudizio degli altri, se questi pensieri ed emozioni si affacciano durante la pratica. E col tempo, arriveremo a tollerare che non riusciamo a fare una certa tecnica, o che per via della nostra condizione attuale possiamo farla solo lentamente, insomma a essere comprensivi con noi stessi. Col tempo comprenderemo che il silenzio mentale è una “conseguenza” dell’aver affrontato noi stessi e la nostra mente, e che accettando che la nostra mente sia rumorosa, possiamo arrivare a renderla docile. Andiamo dentro quella voglia di competizione, anche a fondo a quella eventuale invidia che ci prende nel vedere come nostri compagni meno esperti siano già in partenza molto più abili di noi. Andiamoci dentro durante la pratica dello yoga, e questo ci aiuterà a esserne più consapevoli nella nostra vita quotidiana, perché lo yoga è fondamentalmente un acceleratore e un facilitatore della nostra evoluzione interiore come esseri umani (e come esseri animici). Osservare il nostro modo di giudicare, è il modo più rapido per giungere all’assenza di giudizio. Arrivare insomma a stare bene con noi stessi, e con le nostre imperfezioni che fanno parte di noi.

Facciamo l’esperienza della separazione da alcuni nostri aspetti interiori e dagli altri esseri umani, solo per renderci conto che siamo un grande Uno con tutte le parti di noi stessi e con il mondo che ci circonda. Nella pratica, come nella vita.

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