Ego: acerrimo nemico o prezioso collaboratore?

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Negli insegnamenti orientali e nello Yoga si parla dell’Ego. A seconda dei commentatori, si sente parlare di questo in termini molto negativi spesso, come qualcosa da estirpare. L’Ego viene definito come quella barriera difficilissima da abbattere che ci separa dal vero collegamento con il tutto, con l’Universo. L’essere umano è considerato come un’anima “costretta” in un corpo fisico e il suo spietato e cieco carceriere si chiama proprio Ego.

Da un punto di vista neutrale, privo di alcun giudizio di valore, sarebbe insomma la nostra parte cosciente di esistere, che osserva e si relazione alla realtà che lo circonda considerandola esclusivamente come realtà fisica o al limite psichica. E altresì si relaziona con sè stesso considerandosi un essere esistente e cosciente solo in funzione di pensieri e sensazioni fisiche. Quindi la parte di noi che si relaziona in generale solo in funzione di ciò che, a livello più o meno grossolano, percepisce.

L’Ego è insomma la parte di noi che agisce ed esiste considerando sè stesso e ciò che sente e percepisce coi sensi come l’unica realtà esistente. In esso potremmo senza dubbio ricomprendere in parte la nostra cosiddetta personalità, gran parte dei nostri pensieri e sensazioni relativi alle nostre percezioni fisiche, ma anche concetti meno tangibili come l’orgoglio, e stati d’animo come la paura. C’è molto altro ancora, naturalmente su questo argomento sono stati scritti numerosi trattati lunghi migliaia di pagine.

Da un punto di vista psicologico, possiamo dire che dell’Ego fanno parte le nostre maschere, che indossiamo a seconda delle varie situazioni sociali; e anche i disturbi o le malattie della mente rientrano nell’ambito di una manifestazione dell’Ego, di un Ego malato, di un Ego in conflitto, di un Ego che in qualche maniera non è in equilibrio: gli si dà troppa importanza o troppo poca. Ed è da qui che sarebbe interessante notare come l’Ego, la proiezione di ciò che siamo nel mondo fisico, abbia in realtà una sua precisa importanza e vada semplicemente messo in equilibrio e considerato per ciò che è.

Lo spazio che diamo al nostro Ego deve insomma essere semplicemente appropriato. E’ indispensabile per la nostra esistenza. Ci permette di relazionarci con la nostra esistenza fisica e psichica, ci permette di fare le esperienze di cui abbiamo bisogno nel nostro percorso. Certo molte persone si identificano totalmente in esso, credendo di esistere solo in quanto corpo, sensazioni e pensieri di base sull’esistenza. Si identificano esclusivamente con i loro successi o fallimenti, gonfiando il loro Ego in base al risultato di questa o quella attività, e poichè nella vita successi e fallimenti si presentano come oscillazioni, inevitabilmente e per chiunque, ciò risulta per lo meno “psicologicamente” pericoloso.

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Questo livello di consapevolezza di sé, totalmente identificato con il proprio Ego, forse era utile fino a poco tempo fa, in termini di evoluzione umana. Si viveva in un ambiente e in una società che davvero richiedeva, per la pura sopravvivenza, di identificarsi con l’esistenza fisica e psichica più percettibile; la vita era più dura, era proprio fisiologicamente necessario essere continuamente focalizzati sulle cose basilari necessarie all’esistenza. Ogni giorno il pensiero dell’umano era rivolto alla ricerca del cibo, o alla difesa della sua casa, all’incombenza di malattie mortali e alla protezione del nucleo familiare. Nel mondo moderno la realtà è cambiata, oggettivamente non è più necessario focalizzarsi ogni giorno per tante ore al giorno su bisogni primari e sulla parte della nostra personalità che si costruisce una corazza artificiale per la propria sopravvivenza. Certo l’essere umano per sua natura e per come è “programmato”, continua a costruire corazze fatte di Ego per altri tipi di sopravvivenza. Crede di doversi costruire una corazza sociale, relazionale ed emotiva: è “settato” così, e anche questo meccanismo ha il suo perché ed in parte la sua utilità.

Sempre più persone però iniziano, con la presa di consapevolezza interiore e con la diffusione di vari percorsi e discipline, come lo Yoga, a comprendere che la propria coscienza di sé, esiste anche a livelli più profondi, meno apparenti. Già focalizzarsi sul subconscio, sugli aspetti più celati della nostra personalità e sui nostri meccanismi interiori e psicologici, è un modo per cominciare ad osservare l’Ego. Si perché non lo si può estirpare, allontanare, sarebbe come cercare di rifiutare una parte di noi che è comunque estremamente importante nell’esperienza fisica della vita. Considerando noi stessi come un essere per lo meno psicologicamente profondo, si inizia a delineare i confini tra Ego e “parte più profonda di noi”. In realtà sono confini metaforici, poiché ai livelli di coscienza più profondi rispetto alle percezioni esteriori, i confini si dissolvono e ogni aspetto o strato della nostra interiorità si compenetra con l’altro, in un intreccio profondo di pensieri, sentimenti, e coscienza.

Considerare poi l’esistenza della nostra coscienza al di là della sua manifestazione fisica, la percezione dell’esistere e la possibilità di “sentire” al di là della nostra identificazione con qualsiasi aspetto umano, è un passo successivo verso l’integrazione dell’Ego. Si può arrivare ad identificarlo non come unica e ultima essenza, ma come dimensione di esistenza inserita in innumerevoli altre dimensioni di esistenza della coscienza.

In realtà è una questione di “sentire” e di “percezione”. Sarebbe un errore pensare che chi crede nell’esistenza dell’anima, ad esempio, sia sempre meno identificato col proprio Ego di chi questa ipotesi magari non la considera o la nega. Ci sono molte persone che fanno l’esperienza di aspetti profondi di sè stessi e prendono consapevolezza di “qualcosa” che sta più a fondo, la vedono, la osservano e fanno esperienza di “quando” emerge, senza avere una loro visione “spirituale” della vita, almeno a livello mentale, insomma senza bisogno di una definizione. Vero è che oltre un certo punto, prendere consapevolezza anche delle altre dimensioni dell’esistenza assume la sua preziosa utilità.

Un punto importante è il seguente. Per semplicità, per secoli sono date definizioni e delimitazioni, dalle filosofie e dalle religioni, su cosa fosse o meno Ego, su cosa fosse o meno spirituale, su cosa fosse o meno materiale o psichico. In questi anni di cambio dimensionale del pianeta, con il cambiamento di frequenze che stiamo attraversando, sembra che ci sia una presa di coscienza nel sentire e nell’intuizione dell’essere umano di ciò che realmente è. I confini si dissolvono, al passo con l’inevitabile risveglio della coscienza che coinvolge tutti. Al contempo l’Ego diviene più visibile e (se si lavora su di sé) allo stesso tempo integrato e intrecciato in armonia con tutti gli aspetti profondi della nostra coscienza. Si trova sempre lì, sia che siamo consapevoli del nostro subconscio, sia che abbiamo preso consapevolezza che siamo esseri multi-dimensionali, sia che siamo totalmente inconsapevoli di tutto ciò. La nostra parte più materiale, la personalità, l’aspetto umano che ci permette di relazionarci con il mondo fisico che ci circonda, è necessaria e continua ad esistere e, se raffinata, integrata e attivata in modo consapevole e appropriato, collabora e co-crea con Noi l’esperienza.

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